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APPROFONDIMENTI | Blues | 19.08.22    TOP   INTERVISTA  VASTI JACKSON ¦ 
Nel nome del blues

Lo vedremo a Blues To Bop 2022. Intanto, si racconta nel corso di una lunga telefonata

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Nella foto Vasti Jackson, classe 1959. © VASTIJACKSON.COM


⇒ BLUES TO BOP | 25.08.22 | 21:00
@ Piazza San Rocco, Lugano | FREE ENTRY

⇒ BLUES TO BOP | 26.08.22 | 00:30
@ Piazza della Riforma, Lugano | FREE ENTRY

⇒ BLUES TO BOP | 27.08.22 | 22:00
@ Piazza Cioccaro, Lugano | FREE ENTRY

⇒ BLUES TO BOP | 28.08.22 | 22:15
@ Piazza della Riforma, Lugano | FREE ENTRY


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STATI UNITI | HATTIESBURG (MS) - È partito dai juke joint di McComb, cittadina di poche anime del Mississippi, per poi approdare, all'inizio degli anni Ottanta, alla Malaco Records di Jackson come session man e produttore, una preziosa attività che gli consente, qualche tempo dopo, di immettersi nel circuito della Alligator di Chicago. 
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Chitarrista versatile - sia servendosi di una Stratocaster, sia di una resofonica -, Vasti Jackson - nel corso di una carriera lunga oltre quattro decenni - suona al fianco, tra i numerosi altri, di Bobby Rush, di Katie Webster, di Johnnie Taylor, di Denise LaSalle, così come di B.B. King.
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Nel 1994 pubblica il suo primo album, omonimo, dando ampio spazio anche alla propria vocalità, elastica e ammaliante.
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Sarà uno dei grandi protagonisti della 32esima edizione di Blues To Bop: avremo modo di vederlo sul palco quattro volte, con i Mississippi Trinity  - Terrence Triplette (basso) e George Mumford (batteria) -, «a cui si aggregherà un ospite d'eccezione - anticipa Vasti al telefono -, ossia Keith "The Prince Of The Delta Blues" Johnson (armonica, chitarra), nientemeno che il pronipote di Muddy Waters». 
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Ho parlato con Vasti Jackson martedì sera.
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Raccontami del tuo primo approccio con la musica. 
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Non dovetti uscire di casa, la musica era già lì, grazie alla mia famiglia. Mio nonno Sammy e mia nonna Mary furono le prime persone che ebbi modo di vedere imbracciare una chitarra. Mia madre Josie, inoltre, cantava, e mio zio era un polistrumentista. Proprio in quei momenti, durante la mia infanzia, percepii quanto la forza positiva della musica sia autentica linfa per l'intera umanità.
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Da quanto mi sembra di capire, Vasti, la musica, quindi, per te non fu una scelta, bensì un passaggio di testimone assolutamente naturale... 
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Direi proprio di sì. 
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So che da ragazzino, a pochi passi da casa, suonavi nei juke joint. 
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Avevo dodici-tredici anni e mi ci portò per la prima volta un amico di famiglia, chiedendo ovviamente il permesso a mia madre.
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Qualche tempo dopo la Malaco Records ti ingaggiò come session man.
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Incominciai a lavorare per la Malaco all'inizio degli anni Ottanta, mentre frequentavo la Jackson State University, dove studiavo musica. Batteria e percussioni, inizialmente. Ma volevo conoscere a fondo la chitarra, che era già nel mio dna grazie a mio nonno, e andare oltre, nonostante già a McComb ebbi l'opportunità di prendere lezioni da ottimi insegnanti. Sai, il mio intento era di imparare a leggere, a scrivere e a trascrivere la musica da professionista. Approfondire tutto quanto.
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Parlami, in particolare, della Malaco...
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Mi ritrovai in quel circuito ed ebbi la fortuna di suonare con Little Milton, Johnnie Taylor, Bobby Bland, Denise LaSalle...
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Dimmi ora del tuo periodo alla Alligator Records.
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Firmai nel momento in cui fui ingaggiato per suonare con Katie Webster.
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Chi ti contattò di preciso?
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Tony Coleman (batteria) e Russell Jackson (basso), che già suonavano con Katie. Uno dei chitarristi aveva lasciato la band poco prima di partire in tour per la promozione di "The Swamp Boogie Queen" (Alligator Records, 1988). 
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Vivevi a Chicago, quindi, in quel periodo? 
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No, sempre a Jackson, ero ancora impegnato con gli studi. Ma mi spostavo con facilità, ogni volta che arrivava una telefonata.
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Raccontami ora del tuo brano "Let The Juke Joint Jump", che nel 1993 Koko Taylor inserì nell'album "Force Of Nature" (Alligator Records). E non fu nemmeno il primo, tra l'altro, a essere utilizzato da un artista di tale calibro...
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Esatto, Johnnie Taylor, nel 1985, incise "313-Emergency", la penultima traccia di "Wall To Wall" (Malaco Records). Per quanto riguarda "Let The Juke Joint Jump", certo, ero molto lusingato e onorato dalla scelta di Koko. Un pezzo, inoltre, che si adattava perfettamente alle scelte stilistiche della Alligator, Chicago/electric blues oriented, rispetto al soul/funk su cui si focalizzava prevalentemente la Malaco.
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Nello stesso anno, nel 1993, a fianco di Katie Webster, hai suonato nell'album "Blues Summit" di B. B. King, all'interno del brano "Since I Met You Baby". Che tipo era B.B.?
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Molto alla mano... Lo avevo conosciuto già anni prima, mentre ero in tour con Z. Z. Hill. 
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Dimmi della realizzazione del tuo primo album, omonimo ("Vas-Tie Jackson", ndr), pubblicato nel 1994 con la tua label, la Vas-Kat Records.
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A insistere furono Katie Webster e Johnnie Taylor, che spesso mi domandavano quando avessi intenzione di pubblicare qualcosa di mio, un intero album, dopo anni passati in studio come session man e produttore. Anche se devo dire che, dentro di me, il primo input in questi termini lo ebbi nel momento in cui Katie mi chiese di duettare con lei in "Love Deluxe", la sesta traccia di "Too-Fisted Mama!" (Alligator Records, 1989).
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Nel 2000 hai co-prodotto l'album di Bobby Rush "Hoochie Man" (Waldoxy Records). Che vuoi dirmi al riguardo?
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Il progetto prese forma proprio qui a casa mia a Hattiesburg. E tre o quattro canzoni di quel disco, peraltro, furono registrate proprio tra queste mura.
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Tuttora con Bobby Rush, nel 2016, nelle vesti di direttore musicale, hai lavorato all'album "Porcupine Meat" (Rounder Records), che l'anno successivo si aggiudicò il Grammy per il Miglior album di blues tradizionale.
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Incominciammo a discuterne sempre qui da me con Scott Billington, il produttore. Quell'anno ero impegnato anche sul mio disco "The Soul Of Jimmie Rodgers" (Vast Eye Music, 2016), poi in nomination ai Grammy nella stessa categoria. Alla fine vinse Bobby, e ne fui felicissimo: come sai, parliamo di un album straordinario, che conta la partecipazione anche di Dave Alvin, di Joe Bonamassa e di Keb Mò.
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Bobby Rush sarà un altro dei grandi protagonisti di Blues To Bop 2022. Lo raggiungerai sul palco?
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Vedremo... Se accadrà, accadrà in modo del tutto naturale, senza preparativi...
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Nel 2003 hai preso parte a "Warming By The Devil's Fire", documentario scritto e diretto da Charles Burnett per la serie "The Blues" prodotta da Martin Scorsese. Raccontami l'esperienza. 
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Per il documentario scrissi "Train Rollin' Blues" e a Charles piacque immediatamente. La scena con la mia performance andava girata una volta sola, al passaggio del treno. E fu così, reale e naturale, senza ricostruzioni. 
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"No Borders To The Blues" (VJM Records) è il tuo album del 2003. Il titolo è più che nitido, ma vorrei sentire una tua analisi...
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Ciò che voglio dire - molto in sintesi - è che il blues ha influenzato, e influenza tuttora, qualsiasi altro genere o stile musicale.
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Nel 2010 hai pubblicato l'album "Stimulus Man" (VJM Records).
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Avrei potuto intitolarlo anche "Enthusiastic Man": sono fatto così, carico di entusiasmo, di gioia e di energia per la vita. Ed è ciò che nel contempo tento di somministrare anche a chi ascolta la mia musica, a chi assiste alle mie performance. 
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Dal 2012 figuri nella Mississippi Musicians Hall Of Fame, nel 2013 sei stato ambasciatore culturale del Mississippi e poche settimane fa hai ricevuto il Premio alla carriera nel corso della 48esima edizione dei Jackson Music Awards. 
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Ti senti bene quando il tuo lavoro non passa inosservato, in particolare al giorno d'oggi... Ritengo inoltre di essere molto fortunato a fare lo stesso mestiere che facevo da teenager. Non è evidente. Sai, per me, venire in Svizzera a suonare non è una questione di ego, ma una celebrazione della vita.
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Nel 2020 hai pubblicato un singolo intitolato "Healing Angel" (Records DK, 2020), un pezzo fantastico, dal mio punto di vista, soul oriented.
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Si tratta di una canzone che ho voluto dedicare a tutti gli operatori sanitari: medici, infermieri, soccorritori... L'emergenza pandemica non c'entra: scrissi questo pezzo nel 2018, dopo avere ascoltato le  esperienze di numerosi professionisti nel corso di una conferenza del settore a cui ero stato invitato. 
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Per quale motivo ti avevano invitato?
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Per "My Computer", un brano legato all'intelligenza artificiale che figura, tra l'altro, nell'album "Stimulus Man", di cui abbiamo parlato poco fa.
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E del singolo "She Is Woman Enough" (Records DK, 2021), che conta il featuring di Josie Jackson. Cosa vuoi dirmi al riguardo?
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È dedicata alle donne, a tutte le donne del mondo. Josie era mia madre, che figura all'interno del brano con anima e spirito.
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Un altro tuo singolo del 2021 è "Rwandaful" (Records DK). 
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È per il Ruanda, per la sua gente, per i suoi artisti. Lo scrissi al mio rientro dopo un soggiorno di un mese.
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A cosa stai lavorando in questo periodo?
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Il 23 agosto sarà pubblicato, tramite la mia label, la Vast Eye Creative, la prima parte di un progetto di Mama C (Charlotte Hill O'Neal), dal titolo "Heal The Community". 
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Quali dischi stai ascoltando in questi giorni?
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Ascolto di tutto: dalla classica al jazz, così come dalla musica giapponese a quella indiana.
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Cosa vuoi anticipare a coloro che assisteranno alle tue performance in programma a Blues To Bop?
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Innanzitutto, vorrei esprimere la mia gratitudine per l'invito. Le mie performance saranno genuine, autentiche. E porterò con me sul palco, tra l'altro, un ospite speciale, ovvero Keith "The Prince Of The Delta Blues" Johnson, il pronipote di Muddy Waters.


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