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APPROFONDIMENTI | Soul | 11.09.22    TOP   INTERVISTA  PATRIC SCOTT ¦ 
Ritorno al futuro

Il giovane cantante sangallese racconta "Back In The Day", il suo ultimo album

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Nella foto Patric Scott, 37 anni. © CAPTURED BY SIMEON


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SVIZZERA | SAN GALLO (SG) - Un disco, il settimo in studio - pubblicato tramite la sua Cloud26 in formato liquido e in cd (con tredici tracce) lo scorso 22 luglio -, che tra pochi giorni, il 23 settembre, avremo modo di poter ascoltare anche consumandone i microsolchi del vinile (seppur in una selezione di soli otto brani). 
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Da sempre sulle orme di Jacko e di Prince, Patric Scott si muove con estrema facilità in territori pop, soul ed r&b, grazie alla sua ampia ed elastica estensione vocale: il nuovo album - che guarda al passato, adattandosi perfettamente (anche) alle sonorità del presente - ne dà ulteriore conferma.
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Perché "Back In The Day"? Spiegami la scelta di questo titolo? 
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Potrei definire il disco un viaggio nel passato, così come un omaggio ai miei idoli, ossia Michael Jackson e Prince. 
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Sai che nel 1988 ho avuto la fortuna di assistere a una tappa del "Lovesexy Tour" (di Prince, ndr)? 
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Come ti invidio! Purtroppo, io non ho fatto in tempo a vedere sul palco né Prince, né Jacko. Anche se devo dire che in qualche modo, ora come ora, a Prince mi sento un po' più vicino, grazie a Rose Ann Dimalanta (tastiere, co-produzione), con cui lavoro dal 2017. 
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Con lo pseudonimo Rad ha militato nella New Power Generation (di Prince), vero? 
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Esatto. Nel corso dei tour del 2003 e del 2004. 
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Vive in Svizzera ora. 
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No, in Germania. A Costanza. 
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Torniamo all'album. Raccontami - in sintesi - il processo di lavorazione. 
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Ho iniziato a focalizzarmi sul disco a fine 2019, per poi dover cambiare tutti i programmi - compreso un tour già pianificato di 180 date - con l'arrivo dell'emergenza pandemica. Ho cercato in ogni caso di approfittare positivamente della situazione: seppur separatamente, io e i musicisti abbiamo avuto inevitabilmente più tempo per poter riflettere sulla stesura e sui dettagli di ogni singolo brano raccolto nel disco, procedendo, successivamente, sulla base del progressivo allentamento delle restrizioni, con le sessioni di registrazione.
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Spiegami il tuo metodo compositivo. 
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Talvolta registro versi o parti più ampie di un testo con lo smartphone per non dimenticarle. Accade la stessa cosa con le melodie che mi frullano in testa... Generalmente, incomincio dai ritornelli... Poi, chiamo  Rose Ann, ci consultiamo e il gioco è fatto. 
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I testi sono legati prevalentemente alla tua persona, alle tue esperienze? 
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Sì, sempre. 
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Dimmi di "Hurricane", l'ultimo singolo, il quinto estratto dall'album: un brano capace di riportare l'ascoltatore al rhythm and blues dei '60s. Anche se al suo interno figura un featuring del rapper londinese Skulduggz: cosa vuoi dirmi di questa scelta? 
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Ascolto tante cose legate ai '50s e ai '60s: soul, r&b, jazz... Un esempio? Ella Fitzgerald. Un po' come Amy Winehouse, se vogliamo, che con il suo cuore viveva in quel periodo. Ho voluto coinvolgere Skulduggz perché, dal mio punto di vista, il suo stile si riflette in quello di Busta Rhymes. E, inoltre, ascoltando la prima versione del pezzo, priva del suo featuring, avevo l'impressione che mancasse qualcosa. 
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In "Hurricane", in ogni caso, sento una nitida influenza delle Supremes. Concordi?
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Certo. Adoro tanto le Supremes, quanto Diana Ross! 
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Raccontami di "We Need To Talk", il terzo singolo: un pezzo country/pop oriented. 
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Ho scritto la canzone con Aleena Gibson, una songrwriter svedese che ho conosciuto negli Stati Uniti prima dell'emergenza pandemica. Durante quel soggiorno, oltretutto, mi sono avvicinato al country, che non avevo mai approfondito e che ora, tra l'altro, amo molto.
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Cosa vuoi dirmi del testo? 
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Talvolta, in una relazione ci si dimentica di parlare e di comunicare...
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Ora, grazie a questo pezzo, la tua relazione funziona? 
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Sì!  
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Dicevi che ti sei avvicinato al country soltanto in questi ultimi anni... Con quali musicisti, in particolare? 
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Con Blake Shelton. 
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Hai mai ascoltato Billy Walker?
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No, ma mi interesserebbe approfondire... Quale disco mi puoi suggerire?
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Il primo che mi viene in mente è "Lovin' And Losin'" (RCA, 1975). Ma torniamo ai tuoi pezzi: dimmi ora di "I'm Not Ready": per cosa non ti senti, o non ti sentivi, pronto? 
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(ride) A chiudere la relazione... "I'm Not Ready" è la seconda parte di "We Need To Talk". Prova ad ascoltarle in sequenza. 
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"Finally, I", che conta il featuring di Caroline Chevin, è un altro brano pop/r&b di ispirazione '60s. 
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Io e Caroline stavamo tentando di uscire da un periodo difficile, attanagliato, per entrambi, da un lutto in famiglia: io avevo appena perso mio padre, mentre Caroline suo marito. Volevamo mettere a punto un pezzo carico di positività, in grado, nei limiti del possibile, di darci una mano a guardare avanti.
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"By The Way" conta un altro featuring, quello di N.I.C. 
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N.I.C. è un rapper di San Gallo. Che non conoscevo. Ma un giorno, in studio, ho avuto modo di incontrarlo: la sua voce, profonda e baritonale, mi ha colpito immediatamente. Ed era perfetta per la canzone. 
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Prima di concludere, non posso non chiederti quando prevedi di tornare sul palco qui in Ticino. 
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L'obiettivo è di passare a Lugano o a Locarno nel corso della prossima primavera, tra la fine di aprile e l'inizio di maggio.


INFO 
PATRIC SCOTT




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